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«Una nuova ontologia estetica deve essere formulata dai poeti, sono loro che hanno il compito di pronunciare il nuovo discorso poetico che dovrà far coabitare l'ontologia con la temporalità. I filosofi ci seguiranno. Sta a loro fare la nuova poesia che sia abnorme ed ultronea, ed erranea. In questo arduo e problematico progetto, un posto di rilievo ce l'ha senz'altro Carlo Livia con la sua ricerca singolarmente in contro tendenza rispetto alle "poetiche da risultato" che sono venute dopo il 1971, l'anno famigerato di Satura di Montale che ha segnato la caduta tendenziale della poesia italiana nella opacità del narratum. Conosco Livia da venticinque anni, quando contribuì con il suo lavoro all'appena nata "Poiesis", quadrimestrale di letteratura da me fondato nel lontano 1993. È da allora che ho contezza del suo impegno poetico. Ho sempre stimato quella certosina ricerca di un nuovo linguaggio poetico, munita di ottime letture filosofiche, in primis, Heidegger e Nietzsche. Il suo obiettivo era quello di spostare il baricentro della poesia italiana del secondo Novecento.» (dalla prefazione di Giorgio Linguaglossa)